(ANSA) – ROMA, 27 GIU – Cosa resta del Belpaese se non ne tuteliamo le bellezze? Quanto dovremo attendere prima che “il più grande patrimonio culturale del mondo” diventi risorsa concreta per il futuro dell’Italia e non un’espressione svuotata di senso?
Attorno a queste tematiche si è dibattuto oggi a Roma nel convegno “Riconoscere la bellezza“, relativo alla proposta di legge costituzionale “Modifica dell’articolo 1 della Costituzione” in materia di riconoscimento della bellezza quale elemento costitutivo dell”identità nazionale”, presentata da Serena Pellegrino (Sel) lo scorso 22 maggio.
Rifuggendo nelle intenzioni da ogni possibile identificazione con categorie filosofiche o espressioni retoriche estranee al contesto socio-culturale, il testo propone un’idea di bellezza come valore imprescindibile per il nostro Paese, qualcosa che la Repubblica Italiana deve conservare, tutelare e promuovere “nelle forme materiali e immateriali”.
“Mi rivolgo a tutte le forze politiche senza divisioni – ha sottolineato Pellegrino perché la bellezza fa parte della nostra
identità e la responsabilità di ognuno di noi verso il monumento Italia non è delegabile. Questa proposta di legge sarà un percorso audace e del tutto partecipato, che coinvolgerà gli operatori del settore”.
Sebbene delicata e senz’altro coraggiosa, l’iniziativa ha già raccolto numerose adesioni – da Federculture al Museo Egizio, dai Conservatori Statali alla Commissione Nazionale dell’Unesco, da Greenpeace alla Lipu, oltre a personaggi e operatori – e molte ancora ne stanno arrivando. Del resto, se sono le istituzioni e i cittadini a non curarsi del patrimonio, se cioè, in altre parole, il problema quando si parla di bellezza è - prendendo in prestito Pasolini – “avere gli occhi e non saper vedere”, allora forse dopo anni di indifferenza o, nel peggiore dei casi, di scempio in materia di cultura, arte e paesaggio vale la pena intervenire in profondità, nella spina dorsale del Paese, la Costituzione.
Nessuno stravolgimento, però, all’art.1 che identifica il lavoro come principio fondante e irrinunciabile per la Repubblica, ma un’integrazione che ne rafforza lo spirito, alla luce dell’evoluzione della società.
“Il lavoro ci rende liberi – ha spiegato Pellegrino – ma noi siamo gli unici a poterlo finalizzare alla bellezza”. Anche
perché, ha dichiarato in conclusione, “è davvero arrivato il momento di non barattare più il lavoro con il patrimonio, la salute, il territorio, ma di lavorare producendo bellezza”. (ANSA).
Marzia Apice